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giovedì 14 febbraio 2008

JEAN - LEON GEROME


La Democrazia non è esportabile


tratto da http://guide.dada.net/bibliofilia/interventi/2005/04/205210.shtml

Per la nostra cultura la democrazia è "il migliore dei sistemi possibili", un valore così universale che l'Occidente si ritiene in dovere di esportare, anche con la forza, presso popolazioni che hanno storia, vissuti e istituzioni completamente diversi. Massimo Fini, nel suo nuovo libro "Sudditi", demolisce questa radicata convinzione.Il suo attacco però non segue le linee né della critica di sinistra, che addebita alla democrazia liberale di non aver realizzato l'uguaglianza sociale, né di destra che la bolla come governo dei mediocri. La "democrazia reale" è un regime di minoranze organizzate, di oligarchie politiche economiche e criminali che schiaccia e asservisce l'individuo, già frustrato e reso anonimo dal meccanismo produttivo di cui la democrazia è l'involucro legittimante.
In Occidente si è convinti che la democrazia e il mercato (le due cose sono oggi considerate più che strettamente legate, inscindibili) siano lo stadio finale del lungo processo politico e istituzionale che ha inizio, in pratica, con la comparsa dell'uomo sulla terra e il suo caratterizzarsi come "animale sociale", che vive in comunità. Quando crollò l'Unione Sovietica, "l'Impero del Male", il politologo americano Francis Fukuyama annunciò al mondo che la Storia era finita. Poiché la democrazia aveva sconfitto, dopo i nazifascismi, anche il suo ultimo avversario, il comunismo, non c'era più nulla da fare né obbiettivo da perseguire e l'Occidente poteva godersi serenamente il suo trionfo per l'eternità.

Per la verità, come si è visto, la Storia non era affatto finita, sotto certi aspetti si potrebbe anzi dire che era appena cominciata e Bin Laden, o chi per lui, avrebbe dovuto togliere ogni dubbio in proposito. Ma Fukuyama e tutti i Fukuyama dell'Occidente non si sono fatti smontare per così poco. Hanno ammesso che effettivamente la Storia non si era chiusa nel 1989, ma hanno spostato più in là il fronte di questa epifania. La Storia finirà quando l'intero pianeta, e non solo l'Occidente, sarà stabilmente democratico e tutte le genti potranno fruire in pace e letizia delle bellurie del libero mercato.

È convinzione di ogni progressismo e storicismo, di destra e di sinistra, da Hegel a Marx, che la Storia umana abbia un fine e quindi, dovendo tale fine essere prima o poi raggiunto, anche una fine. All'interno di questa concezione Fukuyama ritiene che esista una Storia universale dell'umanità, valida per tutti i popoli del mondo che sarebbero inevitabilmente e inesorabilmente condotti, dalla ferrea logica di questo disegno finalistico, verso la «Terra Promessa della democrazia», della «diffusione di una cultura generale del consumo», del «capitalismo su base tecnologica». Si tratta solo di accelerare questo processo aiutando le popolazioni che, per pura maleducazione, non sono ancora democratiche a diventarlo, di dar loro una spinta sulla strada dell'emancipazione, perché l'uomo, se lasciato libero di scegliere, è naturaliter democratico. Dopo l' Homo oeconomicus i liberali si sono inventati anche l' Homo democraticus.

Quello di Fukuyama non è un delirio solitario, l'onanismo di un epigono di Hegel, ottuso come tutti gli epigoni. È una follia collettiva. O, quantomeno, une folie à deux. Perché questa è esattamente la "dottrina Bush".

martedì 12 febbraio 2008

UNA LIRICA IMMORTALE

In seguito alla morte dell’amico torero caduto nell’arena, Lorca scrive il bellissimo Llanto por Ignacio Sánchez, in quattro parti.
Il componimento, dopo l’irrompente inizio della prima parte (“La cogida y la muerte” - Il cozzo e la morte -, introdotta e scandita dalle famose “cinco de la tarde” che suonano in tutti gli orologi del mondo), prende via via un tono più pacato (nella seconda parte, “La sangre derramada” - Il sangue versato - e nella terza parte “Cuerpo presente” - Corpo presente) -, e cede alla fine all’elegia e al rimpianto per l’amico morto levandosi a ricordarne la grandezza al di là della morte (nella quarta e ultima parte “Alma ausente” -Anima assente)
casa natale di Garcia Lorca


anima assente

(alma ausente)

No te conoce el toro ni la higuera,
ni caballos ni hormigas de tu casa.
No te conoce el nino ni la tarde
porque te has muerto para siempre.

No te conoce el lomo de la piedra,
ni el raso negro donde te destrozas.
No te conoce tu recuerdo mudo
porque te has muerto para siempre.

El otono vendrà con caracolas,
uva de niebla y montes agrupados,
pero nadie querrà mirar tus ojos
porque te has muerto para siempre.

Porque te has muerto para siempre,
como todos los muertos de la tierra,
como todos los muertos que se olvidan
en un montòn de perros agapados.

No te conoce nadie. No. Pero yo te canto.
Yo canto para luego tu perfil y tu gracia.
La madurez insigne de tu conocimiento.
Tu apetencia de muerte y el gusto de su boca.
La tristeza que tuvo tu valiente alegrìa.

Tardarà mucho tiempo en nacer, si es que nace,
un andaluz tan claro, tan rico de aventura.
Yo canto su elegancia con palabras que gimen
y recuerdo una brisa triste por los olivos.


Non ti conosce nè il toro nè il fico,
nè i cavalli nè le formiche di casa tua.
Non ti conosce il bambino nè la sera
perché tu sei morto per sempre.

Non ti conosce il dorso della pietra,
nè il raso nero dove ti distruggi.
Non ti conosce il tuo muto ricordo
perché tu dei morto per sempre.

Verrà l'autunno con le conchiglie,
uva di nebbia e monti aggruppati,
ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
perché tu sei morto per sempre.

Perché tu sei morto per sempre,
come tutti i morti della Terra,
come tutti i morti che si scordano
in un mucchio di cani spenti.

Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
La grande maturità della tua intelligenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.

Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così puro, così ricco d'avventura.
Canto la sua eleganza con parole che gemono,
e ricordo una brezza triste negli ulivi.
Neither the bull nor the fig tree know you,
nor your horses, nor the ants under your floor.
Neither the child nor the evening know you,
because you have died forever.
The spine of rock does not know you,
nor the black satin where you are ruined,
Your mute remembrance does not know you,
because you have died forever.
Autumn will come with its snails,
grapes in mist, and clustered mountains,
but no one will want to gaze in your eyes,
because you have died forever.
Because you have died forever,
like all the dead of the Earth,
like all the dead forgotten
in a pile of lifeless curs.
No one knows you. No. But I sing of you.
I sing for others your profile and grace.
The famed ripeness of your understanding.
Your appetite for death, pleasure in its savour.
The sadness your valiant gaiety contained.
Not for a long time, if ever, will there be born,
an Andalusian so brilliant, so rich in adventure.
I sing his elegance in words that moan,
and remember a sad breeze through the olive-trees.



sabato 9 febbraio 2008

QUEL CHE VALE ....


Discorso di un vecchio professore di fisica ...........

Un professore, davanti alla sua classe di fisica, senza dire parola prende un barattolo di maionese vuoto e grande e procede a riempirlo con delle palle da golf.

Dopo, chiede agli studenti se il barattolo è pieno.
Gli studenti sono d'accordo e dicono di sì.

Così il professore prende una scatola piena di palline di vetro e la versa dentro il barattolo di maionese.

Le palline di vetro riempiono gli spazi vuoti tra le palle da golf.

Il professore chiede di nuovo agli studenti se il barattolo è pieno e loro rispondono di nuovo di sì.

Poi il professore prende una scatola di sabbia e la versa dentro il barattolo.
Ovviamente la sabbia riempie tutti gli spazi vuoti e il professore chiede ancora se il barattolo è pieno.

Questa volta gli studenti rispondono con un sì unanime.

Il professore, velocemente, aggiunge due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente,riempie tutti gli spazi vuoti tra la sabbia.

A questo punto gli studenti si mettono a ridere.
Quando la risata finisce il professore dice:

"Questo barattolo rappresenta la vita.

Le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, la salute, gli amici, l'amore: le cose che ci appassionano.

Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restasse solo quello, le nostre vite sarebbero ancora piene.

Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano, come il lavoro, la casa, la macchina, ecc...

La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.

Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto per le palline di vetro né per le palle da golf.

La stessa cosa succede con la vita.

Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energia nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.

Fai attenzione alle cose che sono cruciali per la tua felicità: gioca con i tuoi figli, prenditi il tempo per andare dal medico, vai con il tuo partner a cena, pratica il tuo sport o hobby preferito.

Ci sarà sempre tempo per pulire casa o per riparare la chiavetta dell'acqua.

Occupati prima delle palline da golf, delle cose che realmente ti interessano.

Stabilisci le tue priorità: il resto è solo sabbia."

Uno degli studenti alza la mano e chiede cosa rappresenta il caffè.

Il professore sorride e dice: "Sono contento che tu mi faccia questa domanda.
E' solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, c'è sempre posto per una tazza di caffè con un amico ..."